Un artista per amico

Le vie che portano a una amicizia sono tante, a volte inspiegabili, altre strettamente dipendenti dal mondo che frequentiamo e in cui viviamo.

Poi ci sono quelle che partono da un’empatia immediata, quella specie di circuito elettrico che si attiva grazie a uno sguardo o a una parola o a un pensiero condiviso.

L’amicizia con Vittorio Amadio, artista che trae ispirazione da tutto quello che lo circonda e che ripropone seguendo le fantasie di una mente mai sazia, è nata semplicemente dopo aver visto e cercato di penetrare le sue opere.

Di viverle per quelle che sono: tante storie racchiuse in una tela ma che dalla tela escono per andare chissà dove. Dell’opera di Amadio mi ha immediatamente colpito l’estrema spontaneità e l’aver immaginato la mano dell’artista che traccia velocemente segni e macchie sui supporti che adopera, siano essi carta o tela.

Poi, con la conoscenza e la frequentazione, ho scoperto le sue “colonne” e le sculture che realizza sì in ferro, in bronzo e in acciaio ma anche con il legno e con le pietre di fiume; inutile nasconderlo, queste ultime due materie mi hanno colpito e affascinato.

E lavorare nel settore delle eco-compatibilità, e del rispetto del contesto naturale, mi ha sicuramente e maggiormente attratta. L’amicizia è davvero un sentimento strano. Nasce per caso e spesso è destinato a durare nel tempo.

Succede quando si riscontrano sensibilità comuni e quando si affrontano il mondo e la vita sempre a viso aperto, pensando che, in fondo, la vita è un grande gioco che ci riserva anche momenti seri.

Lia di Tanna

Le opere del momento

La bellezza non ha misure standard né un metro unico di valutazione.

La bellezza è soltanto un sogno che passa.

Vittorio Amadio

“Per me l’arte è …” Quello che Vittorio Amadio pensa del suo mondo.

L’arte è un volo. Spesso dell’anima.

È il tutto, nel senso della visualizzazione di un trasporto, un pensiero, una emozione. È il niente perché in fondo è uno splendido, grande gioco destinato a ripetersi all’infinito, senza interruzioni, senza pause o soste capziose.

Sono convinto da sempre che un’opera inizi e termini in un momento.

In un vorticoso tratto unico di pennello. Che il “ri-pensare” non faccia parte del bagaglio dell’artista e che il “tocco finale” sia quasi sempre un assurdo ghirigoro da imprimere per lasciare un segno, come se le tracce del passaggio dell’artista sulla tela si chiudessero con un preziosismo virtuosistico o una firma.

Non firmo mai le mie opere, forse agli inizi della mia carriera, ma ora mi sembrerebbe di interrompere il feeling che ho con chi mi osserva e giudica.

Così come non prefiguro mai un quadro in orizzontale o in verticale, non stabilisco quale sia l’alto o il basso: immagino, volo, frequento interspazi, mi rivesto di immenso immerso nelle mie congetture essenziali, nelle mie idee di un mondo imperfetto, di un contesto sempre in continua evoluzione, di un dinamismo irrefrenabile che combatte contro la staticità e la pigrizia dei contemporanei.

L’artista vero è quello che va “oltre”, che ama andare “oltre” perché quello che c’è non lo soddisfa, non lo appaga, non rende giustizia alla bellezza e alla complessità del mondo e delle cose che il mondo arricchiscono.

L’artista vero è quello che non assume in sé il concetto di bellezza universale perché in fondo non c’è nulla di più fugace ed effimero della bellezza intesa secondo i crismi e i criteri dell’assoluto televisivo o delle riviste patinate.

Amo far pensare chi guarda le mie opere perché non si pensa più, si prende tutto per scontato, si accettano regole e comportamenti solo perché stabiliti e sanciti dalla morale comune.

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